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Immagine del redattoreTommaso Guernacci

Alessandro Magno: "divinità" o delirio di onnipotenza?

Caro lettore, sin dall'antichità attorno alla figura di Alessandro Magno ruotano diversi aneddoti, alcuni leggendari altri reali, a testimonianza di quanto il celebre condottiero macedone seppe creare su di sé un'immagine da vera e propria “divinità”, facendosi riconoscere addirittura come semidio dall'oracolo di Ammone, in Egitto. Semplice delirio di onnipotenza o c'è dell'altro? Nel 342 a.C., a soli 14 anni, Alessandro riuscì a domare un maestoso cavallo che il padre Filippo acquistò per la cifra di 13 talenti d'argento. Forse tra gli esemplari di una delle più antiche razze equine del mondo, Bucefalo – questo il nome del cavallo – inizialmente non voleva saperne di farsi montare. Notando che il cavallo era agitato perché spaventato dalla sua stessa ombra, Alessandro pensò bene di rivolgergli il muso verso il sole, facendolo calmare. Da lì in poi i due divennero inseparabili: Bucefalo accompagnò il re macedone in tutte le sue conquiste, tanto che quando morì venne fondata in suo onore la città di Bucefala, nell'attuale Pakistan. Una volta divenuto re, nel 336 a.C, per affermare la sua autorità, Alessandro Magno tentò di associare sé stesso al mondo divino. A tal proposito, un aneddoto dello storico Plutarco rende bene l'idea: «Volle consultare il dio e venne a Delfi; il caso volle che fossero giorni infausti, nei quali non è consentito dare responsi. Per prima cosa egli mandò a chiamare la sacerdotessa, la quale non voleva venire; allora ci andò di persona e la trasse a forza al tempio, ed ella, come sopraffatta dal suo ardore, disse: “Ma tu sei invincibile, ragazzo!”. A quelle parole Alessandro disse di non aver più bisogno di alcun vaticinio, perché aveva saputo da lei ciò che desiderava». Un altro aneddoto, stavolta dello storico Curzio Rufo, racconta di come nel maggio del 334 a.C., giunto nella cittadina frigia di Gordio, in Asia, il condottiero macedone si imbatté nel tempio di Zeus, dove vi trovò un carro che secondo la tradizione aveva trasportato il primo re mitologico della Frigia, Gordio per l'appunto. Secondo un'antica leggenda, chiunque fosse stato in grado di sciogliere il nodo che teneva ben saldo il giogo del carro sacro a Zeus, sarebbe diventato il nuovo padrone dell'Asia. Curzio Rufo racconta in merito: «La sfilza dei legacci si presentava infatti tanto ingarbugliata che né ragionandoci né aguzzando la vista era possibile stabilire dove cominciasse o dove s'andasse a cacciare ciascun nodo. Alessandro, dopo essersi cimentato a lungo con quei nodi occulti, alla fine esclamò: “Non importa in che modo vengano sciolti!”, e – tranciato con un sol fendente di spada il viluppo delle cinghie – per un verso riuscì a eludere, per l'altro a realizzare la profezia dell'oracolo». Tutti questi aneddoti portano con sé forti segnali di propaganda politica: Alessandro, infatti, stava affermando di poter legittimamente regnare sui Greci, sugli Egizi e sull'intero Impero persiano come una “divinità” comune a molti popoli. Consapevole delle proprie capacità e della propria indole da conquistatore, Alessandro Magno riuscì in pochi anni a espandere l'Impero macedone sino ai confini del mondo allora conosciuto, divenendo autore di un'impresa immensa, titanica, quasi impensabile ai più, e consegnando il suo nome e quello della Macedonia alla Storia e alla gloria eterna.



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