Caro lettore, nei suoi quarant'anni e più di carriera, Francesco De Gregori ci ha regalato (a tutti, nessuno escluso, perché la bellezza è di tutti) alcune delle più belle canzoni italiane. Istituzione del cantautorato nostrano, Principe di una tradizione musicale che pone le sue radici nel Folk Studio di Roma, nella vecchia RCA, nella It di Vincenzo Micocci (erano gli splendidi anni '70), De Gregori ha saputo tracciare una linea poetico-musicale continua, perentoria e diretta. Un gigante sulle spalle dei giganti (Bob Dylan e Bruce Springsteen, solo per citarne due). La musica al servizio della parola. Capolavori a parte – come Rimmel, Santa Lucia, La leva calcistica della classe '68, Pezzi di vetro – c'è una canzone in particolare che vale la pena conoscere e ascoltare, per la capacità che ha di trascendere il banale in cui spesso cade – senza rendersene conto – chi parla o scrive d'amore: Cardiologia. Tratto dall'album Calypsos del 2006, Cardiologia è un brano acustico, minimale, quasi spoglio (solo piano e voce, non serve altro), ma allo stesso tempo efficace, poetico, toccante come solo il De Gregori autore sa essere. Non sbaglia neanche questa volta; e difficilmente lo ha fatto né lo farà in futuro. La particolarità sta già nel titolo della canzone: dicesi “Cardiologia” una branca della medicina che si occupa della diagnosi e della cura delle malattie cardiovascolari. Ma Cardiologia vuol dire anche “discorso sul cuore”. L'amore: una malattia del cuore, dunque. “Ché si gioca per vincere / e non si gioca per partecipare. Chi è ferito e non cade / ma continua ad andare” – l'attacco del pezzo già dice tutto (o quasi): ‘l'importante è partecipare’ è una gran fandonia, non funziona, è una scusa per i perdenti. In amore come nella vita si “gioca” per vincere. E vincere non significa primeggiare, significa comportarsi da primi e allo stesso modo essere capaci di fare un passo indietro quando è necessario. In Cardiologia, per la seconda volta dopo Pezzi di vetro, De Gregori dice “ti amo”. Anzi, non lo dice, lo pensa: “Ché si gioca per vincere / e chi vince è perduto. / Con una chiave ed un numero in mano. / Tutta la notte a aspettare un saluto / e a pensare Ti amo”. Quasi si vergogna. L'uomo De Gregori è conosciuto per essere un po' burbero, scostante; figuriamoci se dice “ti amo”. Però lo pensa. È comunque uscito allo scoperto. Poi continua: “L'amore indecente / che si lascia guardare. / L'amore prepotente / che si deve fare. / E gli amori ormai passati / e ancora vivi nella mente. / Ché dell'amore non si butta niente”. Una frase che ti massacra: Ché dell'amore non si butta niente. Basta così. Cos'altro scrivere sull'amore? De Gregori ha capito tutto, ancora una volta ha colpito al centro: non si butta niente, si prende ogni cosa. Così com'è e così come viene, senza fare calcoli. Semplicemente.
Buon ascolto.
Cardiologia – Francesco De Gregori, 2006
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