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Immagine del redattoreTommaso Guernacci

Lindbergh

Aggiornamento: 26 giu 2019

Caro lettore, sono le 22:00 del 21 maggio 1927, Charles Lindbergh è appena atterrato – dopo 33 ore e 32 minuti esatti di volo – con il suo Spirit of Saint Louis all'aeroporto parigino Le Bourget. Partito il 20 maggio dal Roosevelt Field, vicino New York, ha così portato a termine la prima traversata aerea in solitaria e senza scalo dell'Oceano Atlantico. Ciò gli valse la nomina di colonnello della riserva dell'aviazione degli Stati Uniti e la Legion d'Onore da parte del governo francese. La storia di Lindbergh è una storia di piccoli grandi uomini, di persone comuni; una storia di speranza, di paura, di rassegnazione, ma anche di orgoglio e di ribellione, di senso di volontà: è la storia di tutti noi. “Non sono che il contabile dell'ombra di me stesso / se mi vedete qui a volare. / È che so staccarmi da terra e alzarmi in volo / come voialtri stare su un piede solo”. Siamo tutti piccoli contabili di noi stessi, padroni della nostra vita, ma al tempo stesso tutti diversi. È il 1992, Ivano Fossati incide Lindbergh, ultima traccia dell'omonimo album Lindbergh – Lettere da sopra la pioggia (Targa Tenco come miglior album nel '92). Un brano intenso, minimale, quasi sussurrato; un autentico capolavoro, cantato con un filo di voce accompagnato solamente da un leggero tappeto di pianoforte e da una chitarra classica. Un brano figlio di una presa di coscienza consapevole e matura. “Non sono che l'anima di un pesce con le ali / volato via dal mare per annusare le stelle. / Difficile non è nuotare contro la corrente / ma salire nel cielo e non trovarci niente”. La nostra instabile precarietà, il nostro stare su un piede solo, sempre con il naso rivolto verso il cielo, è l'esaltazione della libertà come necessità, come condizione necessaria dell'essere umano. Gli esseri umani non sono uniformi, ciascuno ha la sua misura di felicità e ciascuno ha i suoi desideri; ognuno ha la sua irregolarità e la sua inclinazione. Vivere appieno la propria vita, seguendo l'istinto, è quanto di più giusto si possa fare; anche perché poi rischiamo di arrivare all'atto finale, salire fino in cielo e non trovarci niente. A volte si nasce in un posto sbagliato, che non ci appartiene; ci si ritrova a vivere come dei pesci con le ali, sta a noi trovare la strada giusta. Ed è qui che ci torna in mente Lindbergh: dalla gelida cabina del suo piccolo aeroplano di legno e tela riesce a vedere le stelle; le stelle come i nostri ideali sono lassù, si riescono quasi a toccare con mano. “La voglio fare tutta questa strada / fino al punto esatto in cui si spegne”. E se l'impresa di quel piccolo grande uomo lasciò a bocca aperta il mondo intero, vale davvero la pena fare tutta questa strada. Noi, come Lindbergh, piccoli aviatori del proprio destino. Da segnalare vivamente anche la versione chitarra e voce di Niccolò Fabi incisa nel 2015.

Buon ascolto.

Lindbergh – Ivano Fossati, 1992


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