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Immagine del redattoreTommaso Guernacci

Quella volta che Giulio Cesare fu rapito dai pirati

Aggiornamento: 3 giu 2020

Caro lettore, voglio raccontarti un episodio della vita di Giulio Cesare che in pochi (forse) conoscono. Tramandatoci dagli storici Svetonio e Plutarco - rispettivamente nelle loro opere Vita dei Cesari e Vite parallele - narra del rapimento del condottiero romano da parte dei pirati della Cilicia, regione turca a sud dell'Asia Minore. Siamo nel 74 a.C., Cesare è in viaggio verso Rodi per apprendere nozioni sulla cultura greca. Nei pressi dell'isola di Farmacussa (oggi Farmaco) viene fatto prigioniero dai pirati e tenuto in ostaggio per trentotto giorni. Con lui rimangono solamente due schiavi e un medico, il resto dei compagni si dirige a Mileto con l'intento di raccogliere denaro per il riscatto: venti talenti d'argento per lasciare andare il prigioniero. Il nostro Cesare però non è mica uomo da poco, non può valere soltanto venti miseri talenti: «Voi non sapete chi avete catturato! Ve ne darò cinquanta». Sicuro di sé, determinato, consapevole della grandezza del suo carisma, Cesare sbeffeggia i suoi rapitori durante l'intera permanenza sull'isola, ordina il silenzio assoluto quando deve riposare, compone poesie e discorsi da sottoporre al giudizio dei carcerieri, si dedica alla ginnastica, ma soprattutto promette che una volta libero tornerà e li farà trucidare tutti, uno per uno. Il riscatto giunge da Mileto. Cesare adesso è libero e con l'aiuto di Iunco, propretore della provincia dell'Asia, allestisce una flotta e parte immediatamente alla caccia dei pirati. Li trova e riesce ad imprigionarli quasi tutti nella prigione di Pergamo, rimandando allo stesso Iunco (l'unico avente il diritto di punire i prigionieri) la decisione della pena. Ma non c'è niente che attrae più dell'oro e i pirati possiedono un bottino molto cospicuo. Iunco mette gli occhi sul danaro, decidendo di occuparsi dei prigionieri solo in un secondo momento. Il suo scopo è tramare contro Cesare per rubare il tesoro e vendere i pirati imprigionati come schiavi. Giulio Cesare però non ci sta, non si fa raggirare così facilmente, prende la situazione in mano e decide di tornare a Pergamo. I prigionieri – secondo Plutarco - vengono impalati uno per uno (alcune fonti riportano l'impiccagione, altre la crocifissione), prima però muoiono per strangolamento. L'intento è quello di procurare loro meno sofferenza possibile, con la volontà di mettere in risalto la clemenza del comandante romano. Il fatto verrà accolto a Roma in maniera esaltante e la parola di Cesare diverrà simbolo di fermezza e determinazione per tutto l'Impero.


Giulio Cesare - Milo Manara

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